Quando faccio qualche ora di formazione social ai clienti illuminati che la chiedono, ci sono un paio di punti da cui parto e su cui torno a più riprese: non riguardano subito gli aspetti tecnici, le scelte strategiche, le misurazioni. Quelli sono parte del lavoro, sono importanti, ma prima bisogna fare un passo indietro. In questo post parliamo di questo: siamo sicuri di aver capito almeno a grandi linee cosa sono i social e cosa possiamo aspettarci? Perché ho l’impressione che spesso funzioni così: c’è chi va nel posto sbagliato, ci trova le persone sbagliate, si parla addosso per settimane, perde tempo a guardare cosa fanno gli altri e alla fine arriva la frustrazione.

Scegliere bene il posto

I social sono luoghi. Per dirla meglio: sono luoghi in cui le persone si incontrano. Inizialmente in questi luoghi c’erano più o meno solo le persone, poi (visto che le persone sono anche consumatori) sono arrivate le grandi aziende, le piccole attività, i professionisti. A guardare bene, sempre di persone si tratta. Le persone hanno gusti, abitudini e obiettivi: per questa ragione scelgono, in modo più o meno condizionato, di stare in un luogo oppure in un altro.

Funziona così anche per decidere cosa fare in un martedì qualunque. Se ho voglia di una serata tranquilla potrei preferire un locale piccolo e accogliente, in cui magari suonano jazz (se non sai cos’è, di solito è jazz). Se usciamo in compagnia, con la voglia di raccontarcela, probabilmente è il caso di andare in uno di quei posti un po’ alla buona dove ci si sente subito a casa (quelli in cui alla fine della serata tutti urlano un po’ di più, per non sbagliare).

Tenere d’occhio il contesto

Per farla breve, le persone si comportano in modo diverso a seconda delle occasioni e dei contesti. Questo dettaglio del contesto, secondo me, è davvero importante: è l’insieme di circostanze in cui si verifica un atto comunicativo. Le circostanze di solito implicano la possibilità di fare o non fare qualcosa, il tono dell’ambiente, le potenziali interpretazioni e i probabili equivoci. Ci siamo passati tutti: vale per la linguistica, la sociologia, le cene fuori, le scelte di vita e anche per i social.

Sui social il contesto non lo decidiamo noi, ma chi ha sviluppato e fa crescere quel posto. I luoghi cambiano. I comportamenti delle persone si adattano ai cambiamenti (oppure in alcuni casi li influenzano). I bisogni delle persone invece sono un po’ più stabili, soprattutto quelli di fondo: essere ascoltati, essere capiti, potersi fidare di qualcuno, avere qualcosa in cui credere, poter esprimere un’opinione, sentirsi qualcuno, affezionarsi a un’idea, scoprire qualcosa di nuovo, desiderarlo. Lo sappiamo, l’ha capito la pubblicità, l’ha capito il marketing online.

Pensare alle persone

Non possiamo prevedere con esattezza come cambieranno i social, però l’esperienza ci insegna che ogni strumento ha uno sviluppo, crea trend comunicativi, lancia nuovi formati, continua a mappare gli interessi di chi lo utilizza. I contesti cambiano, le persone un po’ meno: è importante sapere con chi vogliamo parlare e poi decidere qual è il modo migliore per raggiungere quel pubblico, in ogni momento. Bisogna saper scegliere e ci vuole competenza, ma soprattutto buon senso: ne abbiamo bisogno oggi e ne avremo bisogno anche domani, quando arriverà il prossimo cambiamento, quando dovremo adattarci e ci adatteremo.

Intanto cosa si fa?

Oggi possiamo pubblicare link, video, testi, sondaggi, gif e sperimentare questi formati solo perché qualcuno ha deciso che adesso va bene così. Non siamo a casa nostra, sui social possiamo fare o non fare quello che viene deciso da qualcun altro. Abbiamo due alternative: possiamo capire come funziona e cercare di tirare fuori il meglio da quello che abbiamo, oppure possiamo scegliere che non ci va bene e ingegnarci per scegliere altre soluzioni. Siamo tutti d’accordo sull’importanza di avere strumenti proprietari: il sito, la newsletter, i contatti da coltivare. Se ne parla molto online e secondo me è un bene per tutti. Intanto con i social cosa si fa? Quello che serve, fatto meglio.

Ora più che mai non serve essere presenti ovunque e non serve fare le stesse cose da tutte le parti. Non serve proporre gli stessi contenuti, nello stesso modo e magari nello stesso momento su più canali.

Tipo messaggio a reti unificate, per capirci. Esatto, è quella cosa lì che vediamo ancora: il repost automatico non è una bella abitudine. Perché? Perché ogni canale parla il proprio linguaggio: vale per la forma dei contenuti e per i comportamenti delle persone che interagiscono con quei contenuti. Perché non è vero che “noi vogliamo parlare con tutti” e che “bisogna essere ovunque” (cose che si sentono in giro).

Cosa vuol dire? Che quello che funziona su Facebook non funziona quasi mai se viene proposto allo stesso modo su Instagram (e viceversa). Questo perché gli utenti che preferiscono Facebook hanno pretese digitali e inclinazioni molto diverse da quelli che passano la maggior parte del tempo su Instagram. Alcune persone frequentano più di un luogo, ma in genere sanno benissimo dove preferiscono stare e perché. Quindi, prima di lasciar perdere, prima di dare la colpa agli algoritmi, ai bot o ai post sponsorizzati e di decidere che i social non funzionano, forse è il caso di fare un po’ di fatica per usarli meglio. Si parte sempre da qui: sapere con chi si vuole parlare, scegliere dove stare e diversificare i contenuti, in modo che siano interessanti e pensati per il luogo che deve amplificarli.

Come si fa? Si fa formazione e si impara, oppure si cerca un aiuto e si sceglie un consulente. Di questo ho parlato in un altro post: leggi come puoi occuparti della tua comunicazione

Ciao, grazie per aver letto questo articolo.

Sono Giulia, progetto strategie digitali, contenuti e percorsi di formazione, per imparare a comunicare e a fare marketing a modo tuo.

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