Questo post è il volume 2 di una breve serie di riflessioni sui buoni contenuti sui social, in particolare su Instagram: trovi sul blog anche il post con il volume 1, se vuoi leggere la puntata precedente. Ho fatto due domande a persone che stimo e che si occupano, a vario titolo, di comunicazione: sono professioniste che conoscono bene Instagram e che ci lavorano. Anche questa raccolta di mini interviste è il risultato della generosità con cui hanno accolto la mia idea.
Ho scelto di fare due domande. Come le ho fatte a loro, le ripropongo anche a te, come promemoria:
- Quali contenuti e quali forme narrative vorresti vedere e sentire di più, su Instagram?
- Quali sono, invece, le cose di cui faresti volentieri a meno, su Instagram?
Vol. 2
Voglio ringraziarle subito, per le loro riflessioni il loro tempo. In questo post puoi leggere: Rita Bellati, Valentina Masullo e a Stefania Gambella. Visto che qualcuno, dopo il volume 1, mi ha chiesto “Ma tu cosa ne pensi?“, la quarta intervista è la mia (perché ogni tanto bisogna farsi le domande e darsi le risposte). Questo è il volume 2, ma io amo molto le trilogie: penso proprio che ne arriverà un terzo.
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Sono un’amante di quello che ultimamente chiamo #spontaneamentecurato e cioè tutto quello che nasce da un profondo desiderio di condividere quello che siamo, in tutta sincerità e autenticità, avendo però cura di raccontarlo in una forma che abbia come strumento la bellezza. E con bellezza non intendo la perfezione, ma quella cosa che quando la vedi dici “anch’io la desidero per me”.
C’è una sovrabbondanza di immagini belle ormai su Instagram, di creatività e di abilità visiva: quello che desidero è che queste diventino sempre più veicolo di un racconto davvero autentico, personale e quindi in ultima analisi, unico. Non mi stancherò mai di ripetere che “autentico”, “spontaneo”, non significa “raffazzonato”, “istintivo”: tutt’altro, quello che è autentico, che è spontaneo di solito è profondamente bello perché espressione di un’identità.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Faccio molta fatica con chi ricerca “il trucco per diventare super figo su Instagram”, oppure con chi valuta il lavoro delle persone in base alle vanity metrics e quindi, inevitabilmente, tratta questo strumento come unità di misura del proprio ego, come uno specchio in cui rimirarsi.
Per me è uno strumento di dialogo e relazione prima ancora che canale di promozione della mia attività. Per questa ragione, come in un dialogo, non si può non tenere conto dell’altro, dei suoi interessi, della sua diversità e di quello che realmente possiamo offrirgli in termini di valore e cura.
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Ho visto Instagram evolversi dal 2009 ad oggi in molti modi, ma quello che non è mai cambiato e che fa di questo angolo di web un luogo particolarmente ricco e interessante sono le storie. Meglio ancora se si tratta di storie autentiche, di altre persone.
Per sua stessa natura Instagram ti concede, all’interno di uno stesso unico strumento, di raccontare storie attraverso ogni possibile media: con le immagini, con i video, con le parole e di fatto ti dà l’opportunità di costruire un racconto più completo e che si compone un tassello per volta, che si intreccia con quello degli altri, che si amplia e amplifica in questo meccanismo. È un po’ come se ognuno di noi stesse costruendo il proprio libro pop up e a un certo punto da ogni pop up se ne potesse aprire un altro e così via.
Mi piace chi riesce a esprimere la propria creatività in questo racconto, chi accoglie il cambiamento e chi ha contribuito negli anni a costruire piccole e grandi community fatte di relazioni e di persone vere. Mi piacerebbe vedere più bellezza, più gentilezza, che per ogni contenuto pubblicato ognuno si chiedesse “cosa aggiungerà questa cosa che sto mostrando e raccontando alla vita di chi la guarderà”?
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Farei volentieri a meno di tutta la brutta comunicazione: delle polemiche sterili, della corsa ai numeri, di chi bara e chi colleziona numeri per rivenderli o solo per ricevere in cambio oggetti.
Se la promozione fine a sé stessa risulta inutile, in un contesto come quello di Instagram, quello che trovo proprio molesto è l’egocentrismo di chi pensa ai “suoi” follower, come se si potesse essere proprietari delle vite, dei pensieri e delle azioni degli altri.
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Mi sono accorta che i contenuti che vorrei vedere più spesso su Instagram sono quelli in cui la bellezza e il racconto si incontrano. Un dettaglio, un ricordo, una storia, una piccola rivelazione inerente alla propria sfera personale, allegati a una foto in cui viene mostrata la propria personale visione del mondo. A differenza di social network come Facebook o Twitter, trovo naturale andare a leggere un articolo partendo da un’immagine postata, sento che si è già creato un legame con il contenuto, quasi come se ci fossimo scelti a vicenda.
Inoltre vorrei si continuasse a curare l’implementazione di nuovi strumenti per interagire con chi ci segue: adoro fare domande o esprimere i miei pensieri sulle Instagram Stories e ritrovare la posta piena di opinioni diverse. Mi piace perché in quei momenti mi sento parte di un gruppo, una vera e propria community in cui la distanza viene messa un attimo da parte per dare il giusto spazio ad uno scambio autentico. Infine mi piace vedere le Stories in cui vengono dati consigli su posti da vedere, libri da leggere, film da vedere. È molto bello questo flusso continuo di condivisione disinteressata.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Non mi piace chi usa Instagram solo per vendere e promuovere qualcosa. Non sono contraria al marketing, sono contraria ad utilizzare una piattaforma nata per condividere delle immagini, solo per pubblicare foto con marchi in bella vista, senza un racconto dietro. Non mi piace nemmeno l’utilizzo di Instagram per collezionare like e followers, in cui si crea un feed che è la copia di tanti altri.
Non mi piace che si utilizzino i bot, i pod, qualsiasi strumento che gonfi i numeri a discapito di una strategia professionale fatta di obiettivi, contenuti di qualità e tanta costanza. Non mi piace il modus operandi di tante aziende (piccole o grandi) che per ingaggiare delle persone per promuovere i loro prodotti scelgono solo chi ha i numeri senza guardare i contenuti o la pertinenza di questi con il proprio brand. Infine non mi piace la strategia che sta adottando Instagram, in cui il business viene prima di tutto: arte, creatività, condivisione, community.
Quali i sono i contenuti che vorrei vedere di più su Instagram?
Ho iniziato a utilizzare Instagram, anni fa, senza considerarlo un social. Ecco, lo dico subito, per farti capire quanto sia cambiato il mio punto di vista. A lungo, per me, è stato un diario di immagini e di parole un po’ criptiche appuntate sotto, un terreno di sperimentazione di filtri brutti e di proporzioni nuove (perché tutto cambia, quando devi stare dentro a un quadrato). Il mio profilo è stato chiuso per tanto tempo, lo vedevano solo poche persone, quelle che mi conoscevano. Lo usavo anche per trovare ispirazione, per guardare le vite degli altri, per lasciarmi coinvolgere dalle prospettive diverse dalla mia. L’ho sempre osservato da vicino per capire come funzionava e come stava cambiando (era così diverso da Facebook, per fortuna). Ho reso pubblico il mio profilo alla fine del 2016, dopo averlo frequentato a lungo nel comfort della mia privacy, perché sentivo che era arrivato il momento di esplorare le community e perché (tutto sommato) pensavo di avere qualcosa da dire.
Di Instagram, ora, mi piace questo: la scoperta, la meraviglia, l’altro da me. Mi piacciono le storie, soprattutto quelle che iniziano in un’immagine e trovano la loro completezza nelle parole che la accompagnano (non sono una nostalgica del fotoromanzo, ma penso che immagini e testi si amplifichino a vicenda). Mi piacciono le connessioni e per me sono state davvero una conquista: ricordo che all’inizio pensavo che fosse quasi intrusivo mettere un cuore sotto alla foto di un’altra persona (dico davvero eh). I contenuti che leggi ora in questa pagina sono il risultato del piacere (e qualche volta anche della fatica) di mettersi in relazione: nell’ultimo anno, su Instagram, ho conosciuto tutte le persone che hanno contribuito a queste riflessioni. Poi, mi piace la cura, quella che rende riconoscibile uno stile comunicativo (quasi al primo sguardo): secondo me c’è verità nella cura, non è un esercizio retorico. La cura può essere gentilezza, generosità, rispetto, semplicità, naturalezza o pura vivacità. Va bene, sempre.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui farei volentieri a meno?
Ogni giorno cerco di fare buon uso del mio tempo, anche sui social, anche su Instagram. Un po’ di questo tempo è lavoro, ma poi è anche pausa e scoperta. Non mi piace avere la sensazione di perdere il tempo che coltivo: mi succede quando incontro la disperata ricerca di attenzione, nei post e nelle Stories, quella che ti si incolla addosso come uno spot pubblicitario scontato e un po’ imbarazzante. Non mi piace l’utilizzo degli hashtag di community (quelli belli, poetici, con una storia dietro) come se fossero una vetrina in cui mettere in fila i prodotti, anche quando non c’entrano niente. Sono una stonatura, si sentono subito.
Non mi piace l’eccesso di protagonismo: secondo me non abbiamo bisogno di condividere tutto, in ogni momento, solo perché possiamo farlo. So bene che siamo liberi di farlo, ma continuo a chiedermelo. Tutti questi monologhi allo specchio, oppure tutti i minuti passati a raccontare i fatti propri mentre si guida, sono sempre utili? Quanto possono fare bene alla comunicazione? (Ma soprattutto: perché non guardate la strada mentre guidate?). Non mi piace il protagonismo così forte perché, in molti casi, l’autoreferenzialità diventa disinteresse per quello che gli altri hanno da dire. Non c’è più spazio per lo scambio e per le cose belle che possono succedere quando riusciamo a convincerci per un attimo di non essere sempre noi al centro del mondo. Il protagonismo diventa anche necessità di dimostrare qualcosa, di gonfiare le aspettative, di preferire i numeri ai contenuti, le scorciatoie alla credibilità: allora si comprano follower, si usano i bot, si cerca di influenzare senza avere nulla da dire o producendo contenuti superficiali, imprecisi, ignoranti. Ecco, io di queste cose farei volentieri a meno, perché in fondo basterebbe davvero poco per fare meglio.
Ciao, grazie per aver letto questo articolo.
Sono Giulia, progetto strategie digitali, contenuti e percorsi di formazione, per imparare a comunicare e a fare marketing a modo tuo.
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