Mi piacciono le trilogie: ecco il volume 3 della serie di riflessioni sui buoni contenuti sui social, in particolare su Instagram. Sono contenta di questa raccolta, la vedo come una fotografia di quello che vuol dire oggi scegliere di comunicarsi in modo consapevole su Instagram, insomma è il qui e ora (i capitoli precedenti sono nei post con il primo volume 1 e il volume 2). Funziona così: solo due domande e le risposte di persone che si occupano di comunicazione, da professionisti, con approcci diversi e per me ugualmente interessanti. Se ci penso bene, quello che mi piace di più del loro modo di utilizzare i social è la forza della voce e della personalità: la limpidezza con cui raccontano le loro idee, il dialogo aperto con il pubblico, tanto buon senso. Per questo il loro contributo è utile, oltre che generoso: posso solo dire grazie per il tempo e le parole che hanno trovato.
Ho voluto fare due domande aperte, che in realtà rivolgo un po’ a tutti:
- quali contenuti e quali forme narrative vorresti vedere e sentire di più, su Instagram?
- quali sono, invece, le cose di cui faresti volentieri a meno, su Instagram?
Vol. 3
I ringraziamenti vengono prima, non come nei concerti dove alla fine ci si dimentica sempre qualcuno di fondamentale (tipo il fonico). In questo post ci sono 4 mini interviste: a Enrica Crivello, Sara Cartelli (The Eat Culture), Tamara Viola e Lorenzo Naia (La Tata Maschio). Il titolo di questo post riprende un discorso di Enrica, quello dell’opportunità di essere davvero curatori di contenuti, con una libertà e un potenziale inediti fino a oggi: lei lo spiega meglio, io l’ho voluto utilizzare.
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Mi piacciono i contenuti originali, che di per sé vuol dire tutto e niente. Quando dico «originali» penso a quei contenuti che sono stati studiati per un pubblico specifico: si vede che la persona che li ha messi online aveva bene in mente il suo target, e proprio per quel target crea ogni giorno contenuti interessanti.
Ad esempio le Stories estremamente curate di @jessedriftwood sono dei mini film: si vede che parlano a un pubblico di filmmaker che Jesse conosce benissimo e che ha imparato a intrattenere. Le fotografie colorate di @britandco invece costruiscono messaggi importanti con spensieratezza, perché parlano a un pubblico di giovani creative che si sentono anomale e sono contente di esserlo.
Quando il messaggio che vuoi dare incontra gli interessi del tuo pubblico si creano le condizioni ideali per contenuti pieni di senso: sono questi i contenuti che vorrei vedere di più.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Rubare le idee degli altri: non tanto per il furto in sé, ma per l’enorme occasione persa che questo atto rappresenta. Usare un format creato da qualcuno, prenderlo di peso così com’è e incollarlo sopra alla propria comunicazione, senza farsi domande né ragionare un minimo sul messaggio che quel format porta con sé, è un atto tanto facile quanto insensato.
Non posso credere che di fronte all’occasione unica di poter creare la tua comunicazione e diffondere i messaggi che ti stanno a cuore, di fronte alla possibilità (prima riservata solo agli editori) di poter curare dei contenuti e diffonderli senza vincoli, di fronte insomma all’opportunità di dire ciò che vuoi e come vuoi ci sia qualcuno che preferisce invece dire ciò che sta già dicendo qualcun altro. Instagram è un mezzo straordinario perché trasforma tutti noi in curatori di contenuti e lo fa senza barriere di accesso – anche i blog e altri social lo fanno, ma Instagram è molto più facile e immediato da usare rispetto ad altri mezzi – e trovo insensato che chi decide di usarlo pubblicando contenuti rubati ad altri decida di fatto di perdere un’occasione che si presenta ora per la prima volta nella storia dell’umanità. Possiamo essere attori di questo grosso esperimento e usarlo per costruire qualcosa di più grande di noi, perché rinunciare a questa possibilità?
Sara Cartelli
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Non ho una preferenza rispetto alla tipologia di contenuto, o di forma narrativa. La creatività per sua natura necessita di manifestarsi in forme sempre nuove e differenti, incasellarla significherebbe limitarla. Penso che la contaminazione e la sperimentazione siano la chiave della creazione.
Indipendentemente da questo, però, vorrei vedere e sentire più autenticità. Essendo un’inguaribile romantica mi piacerebbe che ciò che viene prodotto nascesse da una spinta emotiva, dall’esigenza di raccontarsi e creare, e non dall’ansia di dover pubblicare ad ogni costo.
Ragionando così, credo, si riuscirebbe a vivere questo splendido mezzo con molta più serenità e meno frustrazione.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Principalmente sono due le cose di cui farei volentieri a meno. Se potessi farei sparire con un colpo di bacchetta magica tutti gli utilizzatori di bot o di chat segrete di scambio like e commenti. Si credono furbi e invece li sgami in un nano secondo. Queste persone sono un po’ come la plastica nel mare, inquinano quella spiaggia meravigliosa che è Instagram solo per rincorrere dei numeri vuoti. Con questo modo di agire, inoltre, si perdono la parte più bella di questo social, ossia la possibilità di creare relazioni vere e sincere.
La seconda è la lamentela fine a se stessa, che poi è strettamente collegata alla prima. Sia chi utilizza pratiche scorrette, sia chi si lamenta, vuole incrementare i propri follower e di conseguenza l’apprezzamento ai post. Il problema fondamentale è il metro di giudizio. Se l’opinione si fonda unicamente sulla quantità, l’ammontare, forse c’è qualcosa che non va. È assurdo stabilire il valore di un account sulla base dei soli numeri (se hai più di 10.000 follower sei un figo, se ne hai meno di 1.000 non vali nulla). Bisognerebbe ribaltare questo modo di pensare, una missione difficile ma non impossibile.
Tamara Viola
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
I contenuti e le forme narrative che hanno una personalità definita. Mi piacciono le persone che usano Instagram (e i social, più in generale) non come una piattaforma con regole precise e trend da seguire, ma come un’occasione per sperimentare, per creare un linguaggio proprio. Penso all’idea delle #baletter di Chiara Gandolfi e William Dollace di BalenalaB, ad esempio.
Si discute spesso di come questo canale sia diventato piatto (fanno tutti le stesse foto! Tutti le stesse pose! Usano tutti gli stessi oggetti!) quando invece ogni foto, ogni caption può diventare personale, lasciare un’impronta precisa e riconoscibile. Mi piace chi si espone, chi decide di mettere in ogni immagine, anche quella più abusata (penso ai flatlay, ad esempio) un piccolo segno, una traccia personale. Mi piacciono quei profili che si distinguono durante lo scroll selvaggio, che mi fanno fermare dicendo: “Ehi, questa è di…!”. Il mio grande amore però sono le Stories. Apprezzo chi le usa con parsimonia (cinquanta video al giorno, anche se brevi sono necessari?) e si mostra così com’è, che racconta parte del suo quotidiano e condivide sia i momenti positivi che quelli negativi, cercando sempre di essere utile alle persone con le quali sta interagendo. Amo chi risponde ai messaggi e ai commenti e che non serba per sé i “segreti dell’Instagram”. Se hai scoperto qualcosa di nuovo (un’app, una feature, un prodotto, una persona), dillo!
Uso questa piattaforma attivamente da poco tempo ma mi sta regalando grandi soddisfazioni, soprattutto dal punto di vista umano. Ho conosciuto persone splendide in questi mesi e rafforzato rapporti che avevo in precedenza. Mostrare la mia vita nelle Stories ha contribuito a far cadere delle resistenze, mie e degli altri.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
I profili di soli selfie. Amico, amica, alla quarta foto in cui mi mostri quanto so’ belli i tuoi addominali ho solo voglia di lanciare il telefono dalla finestra. Chi lo usa solo per polemizzare e poi si lamenta che “signoramia, ce l’hanno tutti con me”. Quelli che nella caption mettono solo un’emoji, in stile: “scusa sai, c’avevo judo e non ho avuto tempo di scrivere qualcosa di sensato”. Quelli che mostrano solo ed esclusivamente momenti, prodotti, esperienze sponsorizzate. Quelli che cercano di agganciarti scrivendo in privato: “VUOI DIMAGRIRE?!? CHIEDIMI COME!11?1”.
Tutti quelli che non hanno alcun rispetto per chi sceglie di cliccare su follow considerando le persone solo come un numerino.
Lorenzo Naia
Quali i sono i contenuti che vorresti vedere di più su Instagram?
Se è vero che i social servono a intavolare una grande conversazione globale, mi piace chi si esprime perché ha qualcosa da dire. Instagram è un’occasione quotidiana (o quasi) per coltivare la propria creatività, sono contento quando mi imbatto in foto belle con didascalie curate. Apprezzo chi riesce a esprimere un punto di vista, facendoti affacciare sul suo mondo, quasi come se di quel profilo riuscissi a percepire la voce.
Probabilmente per deformazione professionale, tendo a concepire Instagram un po’ come un albo illustrato: potrebbe funzionare leggendo solo il testo oppure osservando le immagini, ma la combinazione dei due dà vita a una terza possibilità, che si origina proprio dal dialogo tra parole e foto.
Quali sono i contenuti e i comportamenti di cui faresti volentieri a meno?
Se è vero che i social sono una geografia delle affinità e non degli spazi, non mi piace chi sceglie le scorciatoie: foto troppo artefatte, frasi abusate, cliché, commenti maleducati o inopportuni. Tra questi ultimi, particolare fastidio lo provocano quelli volti a screditare il lavoro altrui.
Credo infine ci si debba interrogare maggiormente sulla sovraesposizione dei bambini sul web, così come sulla violazione della riservatezza altrui solo per fini utilitaristici.
Anche se sono convinta che farsi buone domande sia sempre più importante che avere tutte le risposte, sono davvero grata per queste interviste e per tutte le conversazioni che possono aprire.
Sono anche un invito a prendere la parola, dire ad alta voce quello che pensiamo, rispondere alle esperienze che gli altri decidono di esporre: i social sono strumenti, ma sono soprattutto conversazioni. Dentro sono fatti di persone e ogni messaggio che mandiamo incontra quelle persone, che sono fatte di idee, sensazioni, bisogni.
Per parlarne io ti invito proprio lì, sul mio profilo Instagram (oppure sulla pagina Facebook, insomma un po’ dove ti pare, tanto alla fine ci si ritrova).
Ciao, grazie per aver letto questo articolo.
Sono Giulia, progetto strategie digitali, contenuti e percorsi di formazione, per imparare a comunicare e a fare marketing a modo tuo.
Ciao, grazie per aver letto questo articolo.
Sono Giulia, progetto strategie digitali, contenuti e percorsi di formazione, per imparare a comunicare e a fare marketing a modo tuo.
Per saperne di più:
Puoi anche iscriverti alla mia newsletter.