Mi pare che, nel momento in cui le mie gambe cominciano a muoversi, i miei pensieri iniziano a fluire.

Henry David Thoreau

Lo so cosa state pensando. Estate, agosto, viaggio: avanguardia. Lasciate che vi racconti una cosa: la prima volta che ho sentito l’urgenza di muovermi, di andare da qualche parte per il desiderio di farlo e vedere un pezzo di mondo che non conoscevo, è stata circa sei anni fa (sì, ci sono arrivata con i miei tempi). Quando parlo di urgenza, intendo proprio questo: un bisogno viscerale di osservare come si vive da un’altra parte, camminare altre strade, sentire altre lingue, assorbire ispirazioni, meravigliarmi, incuriosirmi, perdermi.

Quello è stato anche il mio primo incontro con la parola wanderlust, un termine tedesco che non aveva ancora fatto il giro di Pinterest e che mi è piaciuto subito: un irresistibile desiderio di vagare. Suona bene, vero? In tedesco offre quella punta di romanticismo che solo le parole che contengono il termine lust (desiderio, voglia) possono avere. Ho approfondito e ho scoperto che si tratta anche di una sindrome: non è bastato a farmi smettere di provare affetto per quell’idea. Va detto che, nonostante il forte desiderio, non diventerò mai una viaggiatrice disinvolta: sono un’avventurosa con moderazione, preferisco organizzarmi (sì, mi riempio di mappe e di guide), ho bisogno di qualche certezza e continuo ad provare una sottile ansia quando devo prendere un treno o un aereo (lunghe ore di attesa, in anticipo, perché non si sa mai). Ho qualche pregio: so adattarmi, mi piace guidare (meglio se con della buona musica) e credo nelle circostanze fortuite, quelle che ti fanno scoprire per caso qualcosa di splendido.

Insomma, quell’estate è toccato a Barcellona. Poi ci sono stati altri viaggi: molti in Italia (perché qui basta spostarsi di alcune decine di chilometri per scoprire mondi completamente diversi e storie inaspettate), alcuni più lontani. Sempre meno di quelli che avrei desiderato. Ci sono state Londra e Cambridge, poi c’è stata New York, e meno di un anno fa il periodo più lungo passato a girovagare: tre settimane, ancora New York, Boston, l’incredibile autunno in Vermont, Niagara Falls, Detroit e poi Chicago.

Del viaggio mi piace la consapevolezza delle alternative: in ogni luogo che ho visto ho provato a ipotizzare una vita diversa, a chiedermi chi potrei essere (o se potrei esserci). In qualche occasione, quando funziona, riesco a sentirmi a casa, a immaginare ritmi nuovi, abitudini confortanti. Questo, a ogni ritorno, è il motore del cambiamento che mi apre un po’ la testa. Ci ho fatto caso: in qualche modo, mi è successo anche con alcuni dei libri che ho letto: è quello che possiamo chiamare “viaggiare da fermi”. Mi sono accorta che allargare sempre un po’ di più lo sguardo è una cosa molto importante, quando si tratta di raccontare storie (la nostra e quelle degli altri): ascoltare, allenarsi a notare i piccoli dettagli, memorizzare, provare empatia, raccogliere le informazioni e metterle in ordine, prendere nota, sentirsi un po’ più umani.

#storieinviaggio

Durante il mese di agosto il blog si prenderà una pausa e mi auguro di riuscire a farlo anch’io. Vorrei trovare il tempo per leggere, guardarmi attorno, incontrare persone, lasciarmi tentare dal desiderio di vedere, sentire, esplorare. Per questo, ho pensato di usare Instagram in modo diverso dal solito e iniziare un racconto all’insegna del viaggio per raccogliere pezzetti di città, libri, strade, tragitti, ricordi, storie, ispirazioni e alternative.

Vorrei invitarvi a fare lo stesso, se vi piace l’idea, per creare una narrazione collettiva, libera, ordinaria o straordinaria che sia. Non ci sono regole, solo l’invito a condividere questo post e l’hashtag #storieinviaggio. Mi piace l’idea di creare e utilizzare un hashtag in italiano, perché mi rendo conto che tendo quasi sempre a scegliere quelli in inglese, quando si tratta di cercare ispirazione e confronto (con alcune eccezioni, certo, come la community #feliceadesso, riunita attorno a @zuccaviolina).

A partire dal 1 agosto sul mio profilo Instagram troverete almeno una foto e un piccolo racconto al giorno, a tema #storieinviaggio. Possiamo farlo insieme. Secondo me, funziona per chi si muove e funziona anche da fermi: io stessa non riuscirò ad essere all’altezza della mia wanderlust e a mettermi in viaggio, a breve, ma posso recuperare foto e ricordi dei viaggi precedenti, esplorare le città e i borghi che ho vicino con occhi nuovi, affidarmi a un libro. Ci ho pensato proprio per questo.

Cosa è successo dopo?

Cosa continua a succedere: #storieinviaggio cresce, è diventato più grande di me e io ho raccontato qui (in ricomincio da Instagram) cosa ne penso, cosa mi piace vedere su Instagram e come possiamo rendere i social un posto in cui si sta bene.

Ne è un ottimo esempio anche un altro hashtag che mi piace moltissimo: #viaggiaresottocasa di Giulia Robert (meglio nota come @rob.giu).

Ciao, grazie per aver letto questo articolo.

Sono Giulia, progetto strategie digitali, contenuti e percorsi di formazione, per imparare a comunicare e a fare marketing a modo tuo.

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